SUPERGRUPPO ALPINO:
Alpi Feltrine
E' mercoledì 13 settembre 2017, il clima è fresco, il cielo è inizialmente nuvoloso, ma alle 9 spunta il sole, che si vela però sempre più, per sparire dietro le nuvole alle 14. Al termine dell'escursione (ore 17) le nuvole erano diventate molto scure e minacciose. Siamo in due e verso le 9,30 parcheggiamo l'auto a quota m 650 circa, a poche centinaia di metri dalla diga del lago della Stua, in val Canzoi, a Nord di Cesiomaggiore, paese sito in val Belluna a 13 chilometri da Feltre. Dalla diga parte il sentiero n. 806, che costeggia in piano ad Ovest il lago artificiale formato dalla diga, e poi attraversa il torrente immissario e comincia a salire verso Nord-Est. In breve giungiamo alla diramazione dove imbocchiamo a destra la mulattiera n. 802, diretta ai Piani Eterni. In realtà, più che una mulattiera è una vera e propria stradina, adatta però solo a potenti fuoristrada o a trattori. La salita - sempre dentro il bosco - è molto ripida, seppure regolare, e richiede un discreto allenamento.
A quota m 1400 circa prendiamo sulla sinistra il sentiero del Porzil, che risale il letto di un torrente momentaneamente asciutto, nonostante le forti piogge dei giorni scorsi. L'ascesa non è molto scomoda, tranne un breve tratto iniziale molto scosceso, e ci porta fino a quota m 1740 circa, dove la salita finisce e ci si affaccia improvvisamente sui Piani Eterni.
Questa veduta merita il viaggio e la fatica. Dopo aver faticosamente camminato dentro un bosco che non concede alcun panorama, senza preavviso, se non il diradarsi della vegetazione arborea, ti appare di colpo una conca prativa, piatta e piuttosto estesa, circondata di montagne di aspetto modesto, che però prima non potevi vedere. Sul pianoro pascolano tranquillamente alcune giovani mucche, del tutto indisturbate.
Scendiamo in mezzo a loro fino alla prima casera, che si chiama Brendol (m 1686) ed è disabitata e fiancheggiata da una lunghissima stalla.
Entrambi gli edifici sono stati recentemente restaurati. Nella casera c'è un locale che può ospitare i viandanti come noi, ma oggi è piuttosto freddo. Sarà per questo, o perché il sole si è nel frattempo velato, ma questo luogo non mi ispira quella serenità che si potrebbe pensare. Il fondo di questo pianoro è talmente piatto da far pensare che un tempo qui ci fosse un lago, poi prosciugatosi per motivi non facili da ipotizzare, visto che i bordi sono dappertutto ben più alti del pianoro. Gradito il commento di un geologo (v. commento in calce).
Dopo che il mio compagno ha dato un'occhiata all'altra costruzione del luogo, casera Erera (m 1708), abitata dal casaro, ma che può fungere da ricovero per l'escursionista, prendiamo la via del ritorno, salendo prima al passo Covolada (m 1740), punto più alto della nostra escursione, e poi affrontando una lunga discesa fino a fondovalle per la variante principale del sentiero n. 802, la cui ripidezza è più evidente in discesa che in salita. Qualche attenzione va prestata nei tratti in cui il fondo è stato cementato per evitare l'erosione da parte dell'acqua piovana. Il silenzio che ci ha circondato tutto il giorno, rotto solo dallo scroscio del torrente, caratterizza tutta la val Canzoi, anche dopo che siamo saliti a bordo della nostra macchina.
DISLIVELLO IN SALITA: m 1170
ORE DI CAMMINO: 7
DIFFICOLTA': E+ l'inizio del sentiero del Porzil, E il resto
tracciato.gpx
venerdì 15 settembre 2017
giovedì 24 agosto 2017
Monte Crot
SUPERGRUPPO ALPINO:
Dolomiti Settentrionali di Zoldo
E' mercoledì 23 agosto 2017, il clima è fresco, il cielo è quasi sereno, ma verso le ore centrali della giornata tenderà a divenire coperto. Siamo in due e verso le 9,30 parcheggiamo l'auto alla Forcella Staulanza (m 1766), valico che collega la Val di Zoldo e la Val Fiorentina. Verso Est troneggia il Pelmetto, non ancora illuminato dal sole. Il sentiero per le quattro cime del monte Crot, che si alza ad Ovest della forcella, parte dietro il rifugio, con un percorso non faticoso e ben tracciato, sfruttando una mulattiera militare della Prima Guerra Mondiale. A metà strada si incontra un altro sentiero proveniente dalla val Fiorentina e subito dopo si trova un bel punto panoramico, con vedute verso SudOvest (in primo piano la Civetta). Il nostro percorso quindi sale più ripidamente, per costeggiare poi una parete rocciosa con alcune cavità naturali a livello del sentiero.
Poco dopo un ometto di sassi segnala l'inizio della variante del nostro sentiero che porta verso destra all'anticima Sud del monte Crot. Noi la intraprendiamo, con una salita erta e scomoda e tracce incerte di sentiero. Avvicinandoci alla cima entriamo in una macchia di mughi e poi ci siamo. A 2158 metri di quota il panorama è incantevole e rilassante nel contempo, reso più attraente dalla nitidezza del cielo e dalla sfumatura della luce solare, non troppo abbagliante. Il Pelmo ed il Pelmetto occupano tutto il lato Est della visuale con la loro prorompente presenza, la quale avvilisce non poco l'immagine del Crot, che non può sostenere il confronto, un po' anche per il nome attribuitogli.
Dopo un po' scendiamo ed il mio compagno mi guida verso destra ad una galleria di guerra, molto buia ed un po' bassa, con due aperture verso il Pelmo. La discesa da questa parte è più comoda della salita e presto siamo al sentiero che porta alla sella tra l'anticima e la cima principale del Crot. Devo convincermi ad affrontare l'approccio a quest'ultima, che richiede il superamento di un canalino scosceso, lungo poco più di una decina di metri, da salire con l'aiuto delle mani e quindi senza i bastoncini da trekking. Do un'occhiata al passaggio, osservo altri escursionisti che lo salgono e decido di provarci. In effetti non è esposto e tecnicamente rientra nei miei limiti. La restante salita avviene in mezzo ai mughi, e quindi senza esposizione, ed eccoci in breve sulla cima, a 2169 metri.
Condividiamo il panorama con numerosi altri escursionisti, tra cui un cane e alcuni bambini. C'è una croce, con alla base un libro di vetta che per le sue dimensioni pare un'enciclopedia, dove apponiamo le nostre firme.
Per la nostra preziosa conoscenza dei luoghi, siamo interpellati da due gentili signore che abbiamo incontrato dopo la biforcazione per l'altra cima e che vengono ampiamente e simpaticamente intrattenute dal mio compagno, che illustra loro nomi e caratteristiche di ogni singola vetta visibile da questo sito. Il cielo però si annuvola e ci induce a iniziare il ritorno. Il canalino mi costringe a movimenti non sempre eleganti per discenderlo, e senza che io me ne accorga il mio smartphone mi cade dalla tasca. Per fortuna lo trovano le due signore appena conosciute, che ci seguivano e ricambiano la nostra gentilezza avvertendoci di averlo recuperato. Appagato dalla fortuna che ho avuto e dalla soddisfazione di aver raggiunto entrambe le cime, dove forse non ero mai stato, ritorno infine con il mio compagno alla forcella ed alla macchina.
DISLIVELLO IN SALITA: m 470
ORE DI CAMMINO: 3
DIFFICOLTA': EE il canalino per la cima, E il resto
Dolomiti Settentrionali di Zoldo
Poco dopo un ometto di sassi segnala l'inizio della variante del nostro sentiero che porta verso destra all'anticima Sud del monte Crot. Noi la intraprendiamo, con una salita erta e scomoda e tracce incerte di sentiero. Avvicinandoci alla cima entriamo in una macchia di mughi e poi ci siamo. A 2158 metri di quota il panorama è incantevole e rilassante nel contempo, reso più attraente dalla nitidezza del cielo e dalla sfumatura della luce solare, non troppo abbagliante. Il Pelmo ed il Pelmetto occupano tutto il lato Est della visuale con la loro prorompente presenza, la quale avvilisce non poco l'immagine del Crot, che non può sostenere il confronto, un po' anche per il nome attribuitogli.
Dopo un po' scendiamo ed il mio compagno mi guida verso destra ad una galleria di guerra, molto buia ed un po' bassa, con due aperture verso il Pelmo. La discesa da questa parte è più comoda della salita e presto siamo al sentiero che porta alla sella tra l'anticima e la cima principale del Crot. Devo convincermi ad affrontare l'approccio a quest'ultima, che richiede il superamento di un canalino scosceso, lungo poco più di una decina di metri, da salire con l'aiuto delle mani e quindi senza i bastoncini da trekking. Do un'occhiata al passaggio, osservo altri escursionisti che lo salgono e decido di provarci. In effetti non è esposto e tecnicamente rientra nei miei limiti. La restante salita avviene in mezzo ai mughi, e quindi senza esposizione, ed eccoci in breve sulla cima, a 2169 metri.
Condividiamo il panorama con numerosi altri escursionisti, tra cui un cane e alcuni bambini. C'è una croce, con alla base un libro di vetta che per le sue dimensioni pare un'enciclopedia, dove apponiamo le nostre firme.
Per la nostra preziosa conoscenza dei luoghi, siamo interpellati da due gentili signore che abbiamo incontrato dopo la biforcazione per l'altra cima e che vengono ampiamente e simpaticamente intrattenute dal mio compagno, che illustra loro nomi e caratteristiche di ogni singola vetta visibile da questo sito. Il cielo però si annuvola e ci induce a iniziare il ritorno. Il canalino mi costringe a movimenti non sempre eleganti per discenderlo, e senza che io me ne accorga il mio smartphone mi cade dalla tasca. Per fortuna lo trovano le due signore appena conosciute, che ci seguivano e ricambiano la nostra gentilezza avvertendoci di averlo recuperato. Appagato dalla fortuna che ho avuto e dalla soddisfazione di aver raggiunto entrambe le cime, dove forse non ero mai stato, ritorno infine con il mio compagno alla forcella ed alla macchina.
DISLIVELLO IN SALITA: m 470
ORE DI CAMMINO: 3
DIFFICOLTA': EE il canalino per la cima, E il resto
giovedì 10 agosto 2017
Belvedere di Zoldo
SUPERGRUPPO ALPINO:
Dolomiti Meridionali di Zoldo
E' martedì 8 agosto 2017, il cielo è poco nuvoloso, il clima è fresco, ma umido, ed infatti nel corso della giornata tenderà a divenire afoso. Siamo in tre e verso le 9 ci troviamo in località Castelaz (m 996), lungo la Val Pramper a Sud di Forno di Zoldo. La valle è stretta ed a Est torreggiano i ripidi versanti basali degli Spiz di Mezzodì. Subito dopo il ponte sul torrente Pramper inizia il sentiero n. 525, che risalendo detti versanti punta a Malga Mezzodì. Decidiamo che io affronterò da solo questo sentiero per arrivare poi al rifugio Sora el Sass, mentre i miei due compagni si dirigeranno in auto al Pian de la Fopa (m 1210), dove dalla mulattiera si stacca - sempre verso Est - il sentiero 534, che dopo una biforcazione sale con un tratto attrezzato con corda metallica verso il medesimo rifugio Sora el Sass, dedicato a Giovanni Angelini, dove ci troveremo. Il motivo della mia decisione di non fare una comitiva unica con i miei compagni è proprio il tratto di via ferrata, che ho superato molti anni fa, ma che ora potrebbe crearmi dei problemi a causa delle mie vertigini. Prendo dunque il sentiero 525 che sale prima sotto gli alberi, poi con un tratto più esposto che affianca con opportuni zigzag il canalino di un torrente stagionale. La parete montuosa che viene così risalita è molto ripida, ma chi ha tracciato il sentiero, denominato Triol del Spissandol, ha fatto un bel lavoro perché la pendenza è sempre accettabile e non affatica troppo l'escursionista. Si entra poi in un bosco rado, popolato prevalentemente da faggi, con segnaletica non frequentissima, ma senza rischi di perdersi, per lo meno nella bella stagione. Poco dopo un bel ponte di tronchi d'albero il sentiero 525 si immette ad angolo retto in un sentiero pianeggiante. Non ci sono indicazioni, ma qui occorre tenersi a sinistra e dopo pochi metri si arriva alla radura (m 1348) dove si trovano la casera Mezzodì ed un'altra costruzione in stato di abbandono.
Confluisce qui il sentiero 534, proveniente da Baron (sobborgo di Forno di Zoldo) e diretto al rifugio Sora el Sass. A questo bivio, ben segnalato, rientrando nel bosco ci si tiene a destra, e dopo un tratto poco faticoso si sale con una rampa molto scoscesa di oltre 100 metri di dislivello fino al livello del rifugio, che raggiungo in 45 minuti dalla casera (m 1586, 1 ora e mezza dalla partenza) e dove trovo i miei compagni, arrivati da poco. Secondo loro ho fatto la scelta giusta non affrontando la ferratina, che si è rivelata breve, ma abbastanza esposta. Tiriamo un po' il fiato, ammirando le vedute delle incombenti e repulsive pareti Ovest degli Spiz di Mezzodì, e poi ripartiamo verso Nord-Est per il Belvedere di Zoldo, ma ci dividiamo nuovamente, perché anche qui ci sono due alternative per raggiungere la meta. Una è un sentiero attrezzato, che il gestore del rifugio ci assicura essere molto meno impegnativo della ferratina superata dai miei compagni per arrivare al rifugio.
Io, che ho percorso altre volte l'alternativa non attrezzata, ma mai quella con l'attrezzatura, decido anche stavolta di non rischiare, nonostante le esortazioni dei miei compagni, e, lasciando lo zaino in rifugio, al bivio che si presenta imbocco la variante verso sinistra, che affronta un pendio molto ripido con un sentiero scosceso tracciato in una distesa di mughi, utili a nascondermi l'esposizione che mi circonda. In un punto però i mughi si diradano e il vuoto mi assale senza preavviso, provocandomi qualche esitazione circa la prosecuzione della salita. Mi faccio coraggio, pensando ai miei compagni che mi attendono in cima, e supero anche questa prova, raggiungendo dopo un'ora il Belvedere di Zoldo (m 1964), splendido sito con remunerativo panorama su tutta la val di Zoldo e le montagne che la circondano, benché il cielo non sia molto limpido e trasparente. Anche qui i miei compagni ammettono che ho fatto bene a non seguirli, in quanto nella variante da loro percorsa i tratti ferrati erano numerosi e molto esposti, e c'erano dei passaggi senza corda fissa che l'avrebbero invece meritata. Scendiamo quindi tutti insieme per il percorso lungo il quale ero salito, ma la compagnia mi distrae e mi aiuta a superare ed ignorare i tratti esposti. Tecnicamente l'itinerario richiede comunque attenzione.
Ritornati al rifugio ci concediamo un'ottima birra in lattina, conservata dai gestori ad una temperatura molto fresca, ideale per la nostra sete. Davanti al rifugio c'è anche un gruppo di persone che manifesta simpatie neonaziste, con indosso scritte come "No alla pace". Nella discesa dal rifugio, che percorriamo tutti e tre lungo il sentiero da me scelto per la salita, la temperatura aumenta gradualmente fino a toccare il massimo quando arriviamo al torrente di fondovalle, nelle cui fresche acque cristalline ci rinfreschiamo voluttuosamente prima di salire in macchina.
DISLIVELLO IN SALITA: m 1000
ORE DI CAMMINO: 5
DIFFICOLTA': EE dal rifugio al Belvedere, E il resto
tracciato.gpx
Dolomiti Meridionali di Zoldo
Io, che ho percorso altre volte l'alternativa non attrezzata, ma mai quella con l'attrezzatura, decido anche stavolta di non rischiare, nonostante le esortazioni dei miei compagni, e, lasciando lo zaino in rifugio, al bivio che si presenta imbocco la variante verso sinistra, che affronta un pendio molto ripido con un sentiero scosceso tracciato in una distesa di mughi, utili a nascondermi l'esposizione che mi circonda. In un punto però i mughi si diradano e il vuoto mi assale senza preavviso, provocandomi qualche esitazione circa la prosecuzione della salita. Mi faccio coraggio, pensando ai miei compagni che mi attendono in cima, e supero anche questa prova, raggiungendo dopo un'ora il Belvedere di Zoldo (m 1964), splendido sito con remunerativo panorama su tutta la val di Zoldo e le montagne che la circondano, benché il cielo non sia molto limpido e trasparente. Anche qui i miei compagni ammettono che ho fatto bene a non seguirli, in quanto nella variante da loro percorsa i tratti ferrati erano numerosi e molto esposti, e c'erano dei passaggi senza corda fissa che l'avrebbero invece meritata. Scendiamo quindi tutti insieme per il percorso lungo il quale ero salito, ma la compagnia mi distrae e mi aiuta a superare ed ignorare i tratti esposti. Tecnicamente l'itinerario richiede comunque attenzione.
Ritornati al rifugio ci concediamo un'ottima birra in lattina, conservata dai gestori ad una temperatura molto fresca, ideale per la nostra sete. Davanti al rifugio c'è anche un gruppo di persone che manifesta simpatie neonaziste, con indosso scritte come "No alla pace". Nella discesa dal rifugio, che percorriamo tutti e tre lungo il sentiero da me scelto per la salita, la temperatura aumenta gradualmente fino a toccare il massimo quando arriviamo al torrente di fondovalle, nelle cui fresche acque cristalline ci rinfreschiamo voluttuosamente prima di salire in macchina.
DISLIVELLO IN SALITA: m 1000
ORE DI CAMMINO: 5
DIFFICOLTA': EE dal rifugio al Belvedere, E il resto
tracciato.gpx
mercoledì 21 giugno 2017
Monte Cernera
SUPERGRUPPO ALPINO:
Dolomiti Ampezzane
E' martedì 20 giugno 2017, il cielo è poco nuvoloso, il clima è umido e abbastanza caldo, ma non troppo, Siamo in tre e verso le 10 arriviamo in auto al Passo Giau (m 2233), a Sud-Ovest di Cortina d'Ampezzo. Nel parcheggio ci sono più motociclisti che auto. Imbocchiamo a piedi il sentiero n. 436 che in breve, con moderati saliscendi, ci porta verso Sud-Est prima a Forcella Zonia (m 2233) e poi a Forcella Col Piombin (m 2239). Qui giunti in poco più di un quarto d'ora, prendiamo a destra (Sud-Ovest) il sentiero con indicazione Sentiero alpinistico Cernera, tutto abbondantemente segnalato da recenti bolli rossi. A qualcuno l'aggettivo usato pare eccessivo, ma vorrei dire sin d'ora che questa ascensione, pur non presentando tratti critici se si ha un po' di confidenza con la montagna, non va affatto sottovalutata. Il dislivello complessivo è sì limitato, e i tre passaggi attrezzati con corda fissa metallica sono brevi e non acrobatici, ma l'intero percorso comporta un'adeguata preparazione, sia fisica che psicologica. Aggiungo che io ho richiesto ai miei compagni di adattarmi un cordino con due moschettoni per sentirmi più sicuro sulle corde fisse: questa cautela non sarebbe però necessaria per il Cernera, se si ha piede fermo e magari pratica di ferrate.
Comunque senza trovare più alcun umano fino al ritorno partiamo in orizzontale verso il vero e proprio attacco alla cima, che è rappresentato dal primo tratto attrezzato. La corda è breve, ma gli appoggi non sono eccessivi e l'esposizione non è trascurabile. Poco dopo troviamo la seconda corda fissa, dopodiché la pendenza si fa sostenuta, sia pure in zona erbosa e non troppo disagevole. Affrontiamo un bivio sotto la parete rocciosa, e prendiamo a sinistra, dove troviamo subito il terzo tratto attrezzato, il più lungo, ma anche il più articolato ed il meno esposto. Come per tutta l'odierna via di salita, è importante che il terreno sia ben asciutto. Inizia poi l'attraversamento di una zona di roccette ghiaiose molto ripide, dopodiché si arriva al più dolce pendio sommitale, che ci porta alla croce di vetta (m 2664),
Il panorama è ampio e di tutta soddisfazione, soprattutto per chi - a differenza di me - non soffre di vertigini e non è preoccupato per il ritorno. La salita, che abbiamo percorso a ritmo moderato, ci ha richiesto più di 2 ore e mezza, anche perché include molti tratti ripidi e faticosi. Dopo una mezz'ora di riposo, con il tempo che si fa un po' incerto, firmato il libro di vetta iniziamo la discesa, che ricalca pedissequamente l'itinerario di andata. Nei tratti ripidi si rivelano utili i bastoncini da trekking, che uso da alcuni anni. La mia preoccupazione forse era un po' eccessiva, ma ribadisco che i passaggi attrezzati vanno presi sul serio, e solo dopo aver superato l'ultimo ammiro in distanza una marmotta e mi sento invadere dalla tranquillità e dalla soddisfazione di avere salito per la seconda volta questa vetta, che domina la Val Fiorentina. La parete Sud-Est del Cernera che si vede da Santa Fosca è sicuramente molto verticale e alpinistica, soprattutto se confrontata con il versante che abbiamo salito noi, ma l'orgoglio di poter dire "io sono stato lassù" non ne risente.
DISLIVELLO IN SALITA: m 550
ORE DI CAMMINO: 5
DIFFICOLTA': EE
tracciato.gpx
Dolomiti Ampezzane
Comunque senza trovare più alcun umano fino al ritorno partiamo in orizzontale verso il vero e proprio attacco alla cima, che è rappresentato dal primo tratto attrezzato. La corda è breve, ma gli appoggi non sono eccessivi e l'esposizione non è trascurabile. Poco dopo troviamo la seconda corda fissa, dopodiché la pendenza si fa sostenuta, sia pure in zona erbosa e non troppo disagevole. Affrontiamo un bivio sotto la parete rocciosa, e prendiamo a sinistra, dove troviamo subito il terzo tratto attrezzato, il più lungo, ma anche il più articolato ed il meno esposto. Come per tutta l'odierna via di salita, è importante che il terreno sia ben asciutto. Inizia poi l'attraversamento di una zona di roccette ghiaiose molto ripide, dopodiché si arriva al più dolce pendio sommitale, che ci porta alla croce di vetta (m 2664),
DISLIVELLO IN SALITA: m 550
ORE DI CAMMINO: 5
DIFFICOLTA': EE
tracciato.gpx
sabato 10 giugno 2017
Monte Serva
SUPERGRUPPO ALPINO:
Dolomiti Meridionali di Zoldo
E' venerdì 9 giugno 2017, il cielo è sereno, Siamo in tre e verso le 8,30 arriviamo in auto in località Cargador (m 1032) sul Monte Serva. In pratica è dove finisce la stradina asfaltata che si prende a Belluno seguendo le indicazioni per Col di Roanza. La camminata inizia in un bosco fitto e ombroso, popolato soprattutto da noccioli, dove si inoltra in decisa salita il sentiero cosiddetto panoramico, che è la prosecuzione della stradina precedente.
Dopo un po' usciamo in una zona prativa, da cui si domina tutta la Val Belluna verso Sud.
Il restante itinerario per la vetta del Monte Serva mantiene questo orientamento e la montagna continua ad apparire erbosa, con una pendenza accentuata, interrotta da qualche piccola zona di pascolo quasi pianeggiante.
In una di queste sorge la malga Pian dei Fioc (m 1739), dove ci fermiamo a tirare il fiato. In attesa dell'arrivo delle mandrie per la stagione estiva, la malga è chiusa e ci fanno compagnia solo 4 asini. Verso Nord domina la vetta del Serva, ad Est della quale ci sono un circo roccioso quasi rotondo e la cima minore dei Tre Mas'ci. Gli ultimi 400 metri di dislivello si snodano su un sentiero a zig-zag, con pendenza molto regolare e non troppo faticosa. Verso Est si vedono da vicino la severa Schiara, con le pareti scure e verticali, ed il Pelf. Più lontano si stagliano in senso antiorario i monti del Sole, le Vette Feltrine, le Pale di San Martino, la Croda Rossa d'Ampezzo, il Pelmo, il Sorapiss e l'Antelao.
Finalmente in cima (m 2133), ci godiamo il panorama a 360 gradi e notiamo che non ci sono più il ripetitore telefonico e la croce di vetta. Dall'alto vediamo volteggiare una poiana. Il cielo comincia a velarsi, ma il sole la farà da padrone per tutto il resto della giornata, senza risultare comunque eccessivamente caldo. Dopo un adeguato riposo, iniziamo a scendere, seguendo il percorso di salita fino a quota 1400 circa, dove decidiamo (sbagliando) di scegliere a destra per il cosiddetto vecchio sentiero. Conveniva senza dubbio confermare l'itinerario di andata, perché il vecchio sentiero è molto disagevole, in quanto ripido e sconnesso. Nella sua metà inferiore il sentiero percorre il centro di un largo vallone senza alberi, che forse è stato disceso qualche inverno fa da una grossa valanga. Finalmente confluiamo nella stradina dell'andata, proprio dove avevamo parcheggiato la macchina.
DISLIVELLO IN SALITA: m 1100
ORE DI CAMMINO: 6
DIFFICOLTA': E
tracciato.gpx
Dolomiti Meridionali di Zoldo
Dopo un po' usciamo in una zona prativa, da cui si domina tutta la Val Belluna verso Sud.
Il restante itinerario per la vetta del Monte Serva mantiene questo orientamento e la montagna continua ad apparire erbosa, con una pendenza accentuata, interrotta da qualche piccola zona di pascolo quasi pianeggiante.
In una di queste sorge la malga Pian dei Fioc (m 1739), dove ci fermiamo a tirare il fiato. In attesa dell'arrivo delle mandrie per la stagione estiva, la malga è chiusa e ci fanno compagnia solo 4 asini. Verso Nord domina la vetta del Serva, ad Est della quale ci sono un circo roccioso quasi rotondo e la cima minore dei Tre Mas'ci. Gli ultimi 400 metri di dislivello si snodano su un sentiero a zig-zag, con pendenza molto regolare e non troppo faticosa. Verso Est si vedono da vicino la severa Schiara, con le pareti scure e verticali, ed il Pelf. Più lontano si stagliano in senso antiorario i monti del Sole, le Vette Feltrine, le Pale di San Martino, la Croda Rossa d'Ampezzo, il Pelmo, il Sorapiss e l'Antelao.
Finalmente in cima (m 2133), ci godiamo il panorama a 360 gradi e notiamo che non ci sono più il ripetitore telefonico e la croce di vetta. Dall'alto vediamo volteggiare una poiana. Il cielo comincia a velarsi, ma il sole la farà da padrone per tutto il resto della giornata, senza risultare comunque eccessivamente caldo. Dopo un adeguato riposo, iniziamo a scendere, seguendo il percorso di salita fino a quota 1400 circa, dove decidiamo (sbagliando) di scegliere a destra per il cosiddetto vecchio sentiero. Conveniva senza dubbio confermare l'itinerario di andata, perché il vecchio sentiero è molto disagevole, in quanto ripido e sconnesso. Nella sua metà inferiore il sentiero percorre il centro di un largo vallone senza alberi, che forse è stato disceso qualche inverno fa da una grossa valanga. Finalmente confluiamo nella stradina dell'andata, proprio dove avevamo parcheggiato la macchina.
DISLIVELLO IN SALITA: m 1100
ORE DI CAMMINO: 6
DIFFICOLTA': E
tracciato.gpx