Alpi Feltrine
E' martedì 3 settembre 2019, il clima è soleggiato, anche se ogni tanto si formano nuvole, che però non arrivano mai a minacciare precipitazioni. Siamo in quattro e giungiamo in auto (un robusto e comodo fuoristrada) al rifugio Vederna (o Vederne, m 1324), situato su uno spiazzo ameno a Nord-Ovest del monte Pavione, la cui cima è la nostra meta. La stradina sterrata che porta al rifugio partendo dalla località Pontet nel fondovalle del Cismon, lunga 11 km, è impressionante per l'arditezza del suo tracciato, aggrappato alla montagna, che richiede nervi saldi al guidatore e buoni ammortizzatori all'auto.
Il sentiero, che ora prende il numero 736 senza cambiarlo fino alla cima della montagna (anche se dal passo in poi si abbina alla numerazione 817), punta dapprima verso Est sotto la cima del Pavione in un bosco prevalentemente di abete rosso e di larice, quasi immune allo sfacelo provocato altrove dalla tempesta Vaia di fine ottobre 2018.
Nel bosco la salita è regolare con zig-zag che con pendenza costante e non troppo faticosa portano fino a quota m 1900 circa. Poi il sentiero esce dal bosco e si dirige verso Sud con lunghi traversi su terreno scoperto ed alquanto scosceso, guadagnando quota meno ripidamente, ma costringendo ad usare le mani in certi passaggi dirupati a causa di tratti rocciosi (uno assistito da una breve, ma opportuna corda metallica) o su terreno sconvolto dalla caduta di qualche albero.
Finalmente si arriva al passo del Pavione (m 2069) dopo due ore di impegnativo cammino da malga Agnerola e circa 800 metri di dislivello in salita dal rifugio. Il passo congiunge il versante Ovest (quello da cui proveniamo) con il versante Sud del Pavione (quello di Aune) ed è ricoperto da vasti prati erbosi spazzati dal vento. Ora è possibile vedere verso Nord la cima del monte Pavione, che si mostra anch'essa erbosa, ma alquanto più alta del passo.
A questo punto la mia scarsa frequentazione della montagna di quest'anno si fa sentire con un ordine che non posso ignorare: fermati! Non è solo questione di insufficiente forma fisica, ma anche di poca abitudine allo sforzo nervoso richiesto dalla tensione della salita di una montagna la quale, lo ripeto, risulta piuttosto impegnativa se non si è abbastanza allenati fisicamente e mentalmente. La rinuncia mi costa molto, perché il Pavione è una mia meta da molti anni, ma anche a posteriori ritengo che sia la scelta più saggia, per non creare inutili problemi a me ed ai miei compagni.
I miei tre amici, raccomandandomi di aspettarli lì, si avviano quindi verso Est lungo il ripido e faticoso pendio erboso che fa guadagnare quota in breve tempo. Raggiunta la larga cresta, la pendenza diminuisce ed il sentiero, ben individuabile, si dirige verso Nord affiancato da brusche scarpate da entrambi i lati, stringendosi un po' per un breve tratto.
I tre, dopo aver incrociato una coppia di escursionisti con cane, toccano finalmente l'ampia cima del monte Pavione (m 2335) in meno di un'ora dal passo, e possono ammirare il sontuoso panorama che si apre specialmente verso Nord-Ovest sopra la valle di Primiero e verso le Pale di San Martino.
Dopo un po' cominciano la discesa verso il passo, a ricongiungersi con me che li attendevo sotto le nuvole che salivano dalla Busa di Monsampiano.
La discesa dal passo lungo il percorso dell'andata si rivela meno scabrosa delle mie previsioni, grazie anche alla decisione di viaggiare in un gruppo compatto.
Ci fermiamo un po' a malga Agnerola, dove due di noi acquistano del formaggio, ed arriviamo finalmente al rifugio Vederna, dove festeggiamo la (loro) impresa con quattro buone birre, che, secondo il nostro autista, se bevute in quota non alterano la lucidità del bevitore.
DISLIVELLO IN SALITA: m 1100
ORE DI CAMMINO: 6,30
DIFFICOLTA': EE (soprattutto nella seconda parte della salita al passo) - E
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