mercoledì 11 settembre 2019

Sentiero Tivan

SUPERGRUPPO ALPINO:
Dolomiti Settentrionali di Zoldo


E' martedì 10 settembre 2019, il clima è fresco, il cielo è prevalentemente sereno, ma la Civetta, oltre a favorire la formazione di nuvole data la sua altezza, per lo stesso motivo ci nasconde il sole per tutto il giorno. Domenica scorsa sulla parte alta dell'itinerario di oggi è caduta la neve, che però ieri si è sciolta, resistendo solo sulle cenge più elevate. Siamo in due.
Verso le 9,10 parcheggio l'auto a quota m 1515 circa, a Palafavera, in alta Val di Zoldo, alla partenza del sentiero Cai n. 564, come nell'escursione dell'anno scorso alla forcella Col Negro di Coldai. Fino al rifugio Sonino al Coldai (m 2132) infatti il percorso è identico a quello dell'escursione di allora.




Al rifugio ci rifocilliamo brevemente (nel corso della giornata non avremo più il tempo e l'occasione di farlo nuovamente) ed imbocchiamo verso sinistra (Sud) il sentiero Tivan scelto per l'escursione odierna e contrassegnato dal numero 557.







Tutto il percorso si snoda ai piedi del versante Est della Civetta. Dopo un semicerchio saliamo ad un primo valico, lasciando a sinistra i Torrioni delle Ziolere, e ci dirigiamo verso una modesta appendice della Torre Coldai, che però ci introduce con un tratto scosceso di salita all'ambiente della giornata.





Affrontiamo quindi, dopo aver oltrepassato a sinistra il Crodolon, il passaggio più scabroso del giro, lo scavalcamento di una propaggine della Torre d'Alleghe. La salita è attrezzata con alcuni tratti di corda metallica ed include passaggi di primo grado, agevolati dalle corde, ma per me alquanto impegnativi. Come nel resto dell'escursione, l'esposizione non è mai troppo accentuata, ma sufficiente a provocare una certa tensione.






Questa salita richiede inoltre una discreta tecnica, il che non mi pare adeguatamente segnalato nelle relazioni che si trovano in rete.
Attraversiamo quindi un vallone cosparso di grossi massi (Masarè) e ci avviamo a scavalcare lo Schinal del Bech (m 2300), un'elevazione poco elegante che si stacca dalla parete della Civetta, tra la Torre Da Lago e il Pan di Zucchero..







Anche questo passaggio è attrezzato, ma più breve del precedente, e dopo la diramazione a destra per l'attacco alla via ferrata degli Alleghesi il sentiero ci introduce in un vallone denominato Busa del Zuitòn, dove una marmotta, indaffarata nei preparativi per il prossimo letargo, ci osserva attentamente da lontano











Come si vede da queste ultime foto, l'ambiente è imponente per l'enormità e la vicinanza delle pareti della Civetta. Neanche dopo questo secondo tratto attrezzato posso però rilassarmi, perché ci aspetta un'altra salitina con un'unica corda metallica di pochi metri, ma inserita in un'altra parete un po' esposta.






Passate le propaggini della Crepa Bassa, entriamo nel vasto anfiteatro dove si stacca verso destra (Ovest) dal nostro sentiero il raccordo per l'attacco alla via normale alla Civetta, da me percorsa fino alla cima due volte parecchi anni fa. Dopo un'ultima salita, il sentiero inizia alla buon'ora a perdere quota, prima timidamente e poi, dopo un bivio dove andiamo a sinistra (Est), più decisamente. Ad un'ulteriore biforcazione prendiamo ancora a sinistra (Nord) e seguendo il segnavia 587 scendiamo ripidamente lungo la Valle Civetta, attraversando radure prodotte dalla tempesta Vaia di fine ottobre 2018 con l'abbattimento di macchie di alberi, specialmente abeti rossi. Finalmente il sentiero raggiunge il corso del torrente Maè e diventa una strada liscia e quasi pianeggiante, per entrare infine a Pecol Vecchia, dove un'auto pubblica ci aspetta per riportarci a Palafavera. In sintesi l'escursione può definirsi interessante per l'ambiente di alta montagna che attraversa e impegnativa per la sua lunghezza e soprattutto per alcune salite su terreno piuttosto severo che richiede un'attenta concentrazione.







DISLIVELLO IN SALITA: m 950 circa
ORE DI CAMMINO: 7 e 1/2
DIFFICOLTA': T fino a casera Pioda, E il resto, con alcuni tratti EE (attrezzati e non)

giovedì 5 settembre 2019

Monte Pavione

SUPERGRUPPO ALPINO:
Alpi Feltrine



E' martedì 3 settembre 2019, il clima è soleggiato, anche se ogni tanto si formano nuvole, che però non arrivano mai a minacciare precipitazioni. Siamo in quattro e giungiamo in auto (un robusto e comodo fuoristrada) al rifugio Vederna (o Vederne, m 1324), situato su uno spiazzo ameno a Nord-Ovest del monte Pavione, la cui cima è la nostra meta. La stradina sterrata che porta al rifugio partendo dalla località Pontet nel fondovalle del Cismon, lunga 11 km, è impressionante per l'arditezza del suo tracciato, aggrappato alla montagna, che richiede nervi saldi al guidatore e buoni ammortizzatori all'auto.


Imbocchiamo verso Sud il sentiero n. 736A che attraverso un bosco misto ed intersecando la prosecuzione della stradina porta in poco più di mezzora all'ampia radura di malga Agnerola (m 1550), a cui fanno capo mandrie di cavalli e di mucche al pascolo e dove si produce un buon formaggio. Adesso il versante Ovest del Pavione, dove si svolge il percorso che ci accingiamo ad affrontare, si staglia davanti ai nostri occhi, sollevando in me qualche perplessità per la sua severità.
Il sentiero, che ora prende il numero 736 senza cambiarlo fino alla cima della montagna (anche se dal passo in poi si abbina alla numerazione 817), punta dapprima verso Est sotto la cima del Pavione in un bosco prevalentemente di abete rosso e di larice, quasi immune allo sfacelo provocato altrove dalla tempesta Vaia di fine ottobre 2018.
Nel bosco la salita è regolare con zig-zag che con pendenza costante e non troppo faticosa portano fino a quota m 1900 circa. Poi il sentiero esce dal bosco e si dirige verso Sud con lunghi traversi su terreno scoperto ed alquanto scosceso, guadagnando quota meno ripidamente, ma costringendo ad usare le mani in certi passaggi dirupati a causa di tratti rocciosi (uno assistito da una breve, ma opportuna corda metallica) o su terreno sconvolto dalla caduta di qualche albero.

Finalmente si arriva al passo del Pavione (m 2069) dopo due ore di impegnativo cammino da malga Agnerola e circa 800 metri di dislivello in salita dal rifugio. Il passo congiunge il versante Ovest (quello da cui proveniamo) con il versante Sud del Pavione (quello di Aune) ed è ricoperto da vasti prati erbosi spazzati dal vento. Ora è possibile vedere verso Nord la cima del monte Pavione, che si mostra anch'essa erbosa, ma alquanto più alta del passo.

A questo punto la mia scarsa frequentazione della montagna di quest'anno si fa sentire con un ordine che non posso ignorare: fermati! Non è solo questione di insufficiente forma fisica, ma anche di poca abitudine allo sforzo nervoso richiesto dalla tensione della salita di una montagna la quale, lo ripeto, risulta piuttosto impegnativa se non si è abbastanza allenati fisicamente e mentalmente. La rinuncia mi costa molto, perché il Pavione è una mia meta da molti anni, ma anche a posteriori ritengo che sia la scelta più saggia, per non creare inutili problemi a me ed ai miei compagni.


I miei tre amici, raccomandandomi di aspettarli lì, si avviano quindi verso Est lungo il ripido e faticoso pendio erboso che fa guadagnare quota in breve tempo. Raggiunta la larga cresta, la pendenza diminuisce ed il sentiero, ben individuabile, si dirige verso Nord affiancato da brusche scarpate da entrambi i lati, stringendosi un po' per un breve tratto.




I tre, dopo aver incrociato una coppia di escursionisti con cane, toccano finalmente l'ampia cima del monte Pavione (m 2335) in meno di un'ora dal passo, e possono ammirare il sontuoso panorama che si apre specialmente verso Nord-Ovest sopra la valle di Primiero e verso le Pale di San Martino.

Dopo un po' cominciano la discesa verso il passo, a ricongiungersi con me che li attendevo sotto le nuvole che salivano dalla Busa di Monsampiano.

La discesa dal passo lungo il percorso dell'andata si rivela meno scabrosa delle mie previsioni, grazie anche alla decisione di viaggiare in un gruppo compatto.
Ci fermiamo un po' a malga Agnerola, dove due di noi acquistano del formaggio, ed arriviamo finalmente al rifugio Vederna, dove festeggiamo la (loro) impresa con quattro buone birre, che, secondo il nostro autista, se bevute in quota non alterano la lucidità del bevitore.









DISLIVELLO IN SALITA: m 1100
ORE DI CAMMINO: 6,30
DIFFICOLTA': EE (soprattutto nella seconda parte della salita al passo) - E