giovedì 24 agosto 2017

Monte Crot

SUPERGRUPPO ALPINO:
Dolomiti Settentrionali di Zoldo


E' mercoledì 23 agosto 2017, il clima è fresco, il cielo è quasi sereno, ma verso le ore centrali della giornata tenderà a divenire coperto. Siamo in due e verso le 9,30 parcheggiamo l'auto alla Forcella Staulanza (m 1766), valico che collega la Val di Zoldo e la Val Fiorentina. Verso Est troneggia il Pelmetto, non ancora illuminato dal sole. Il sentiero per le quattro cime del monte Crot, che si alza ad Ovest della forcella, parte dietro il rifugio, con un percorso non faticoso e ben tracciato, sfruttando una mulattiera militare della Prima Guerra Mondiale. A metà strada si incontra un altro sentiero proveniente dalla val Fiorentina e subito dopo si trova un bel punto panoramico, con vedute verso SudOvest (in primo piano la Civetta). Il nostro percorso quindi sale più ripidamente, per costeggiare poi una parete rocciosa con alcune cavità naturali a livello del sentiero.
Poco dopo un ometto di sassi segnala l'inizio della variante del nostro sentiero che porta verso destra all'anticima Sud del monte Crot. Noi la intraprendiamo, con una salita erta e scomoda e tracce incerte di sentiero. Avvicinandoci alla cima entriamo in una macchia di mughi e poi ci siamo. A 2158 metri di quota il panorama è incantevole e rilassante nel contempo, reso più attraente dalla nitidezza del cielo e dalla sfumatura della luce solare, non troppo abbagliante. Il Pelmo ed il Pelmetto occupano tutto il lato Est della visuale con la loro prorompente presenza, la quale avvilisce non poco l'immagine del Crot, che non può sostenere il confronto, un po' anche per il nome attribuitogli.

Dopo un po' scendiamo ed il mio compagno mi guida verso destra ad una galleria di guerra, molto buia ed un po' bassa, con due aperture verso il Pelmo. La discesa da questa parte è più comoda della salita e presto siamo al sentiero che porta alla sella tra l'anticima e la cima principale del Crot. Devo convincermi ad affrontare l'approccio a quest'ultima, che richiede il superamento di un canalino scosceso, lungo poco più di una decina di metri, da salire con l'aiuto delle mani e quindi senza i bastoncini da trekking. Do un'occhiata al passaggio, osservo altri escursionisti che lo salgono e decido di provarci. In effetti non è esposto e tecnicamente rientra nei miei limiti. La restante salita avviene in mezzo ai mughi, e quindi senza esposizione, ed eccoci in breve sulla cima, a 2169 metri.

Condividiamo il panorama con numerosi altri escursionisti, tra cui un cane e alcuni bambini. C'è una croce, con alla base un libro di vetta che per le sue dimensioni pare un'enciclopedia, dove apponiamo le nostre firme.
Per la nostra preziosa conoscenza dei luoghi, siamo interpellati da due gentili signore che abbiamo incontrato dopo la biforcazione per l'altra cima e che vengono ampiamente e simpaticamente intrattenute dal mio compagno, che illustra loro nomi e caratteristiche di ogni singola vetta visibile da questo sito. Il cielo però si annuvola e ci induce a iniziare il ritorno. Il canalino mi costringe a movimenti non sempre eleganti per discenderlo, e senza che io me ne accorga il mio smartphone mi cade dalla tasca. Per fortuna lo trovano le due signore appena conosciute, che ci seguivano e ricambiano la nostra gentilezza avvertendoci di averlo recuperato. Appagato dalla fortuna che ho avuto e dalla soddisfazione di aver raggiunto entrambe le cime, dove forse non ero mai stato, ritorno infine con il mio compagno alla forcella ed alla macchina.








DISLIVELLO IN SALITA: m 470
ORE DI CAMMINO: 3
DIFFICOLTA': EE il canalino per la cima, E il resto

giovedì 10 agosto 2017

Belvedere di Zoldo

SUPERGRUPPO ALPINO:
Dolomiti Meridionali di Zoldo


E' martedì 8 agosto 2017, il cielo è poco nuvoloso, il clima è fresco, ma umido, ed infatti nel corso della giornata tenderà a divenire afoso. Siamo in tre e verso le 9 ci troviamo in località Castelaz (m 996), lungo la Val Pramper a Sud di Forno di Zoldo. La valle è stretta ed a Est torreggiano i ripidi versanti basali degli Spiz di Mezzodì. Subito dopo il ponte sul torrente Pramper inizia il sentiero n. 525, che risalendo detti versanti punta a Malga Mezzodì. Decidiamo che io affronterò da solo questo sentiero per arrivare poi al rifugio Sora el Sass, mentre i miei due compagni si dirigeranno in auto al Pian de la Fopa (m 1210), dove dalla mulattiera si stacca - sempre verso Est - il sentiero 534, che dopo una biforcazione sale con un tratto attrezzato con corda metallica verso il medesimo rifugio Sora el Sass, dedicato a Giovanni Angelini, dove ci troveremo. Il motivo della mia decisione di non fare una comitiva unica con i miei compagni è proprio il tratto di via ferrata, che ho superato molti anni fa, ma che ora potrebbe crearmi dei problemi a causa delle mie vertigini. Prendo dunque il sentiero 525 che sale prima sotto gli alberi, poi con un tratto più esposto che affianca con opportuni zigzag il canalino di un torrente stagionale. La parete montuosa che viene così risalita è molto ripida, ma chi ha tracciato il sentiero, denominato Triol del Spissandol, ha fatto un bel lavoro perché la pendenza è sempre accettabile e non affatica troppo l'escursionista. Si entra poi in un bosco rado, popolato prevalentemente da faggi, con segnaletica non frequentissima, ma senza rischi di perdersi, per lo meno nella bella stagione. Poco dopo un bel ponte di tronchi d'albero il sentiero 525 si immette ad angolo retto in un sentiero pianeggiante. Non ci sono indicazioni, ma qui occorre tenersi a sinistra e dopo pochi metri si arriva alla radura (m 1348) dove si trovano la casera Mezzodì ed un'altra costruzione in stato di abbandono.
Confluisce qui il sentiero 534, proveniente da Baron (sobborgo di Forno di Zoldo) e diretto al rifugio Sora el Sass. A questo bivio, ben segnalato, rientrando nel bosco ci si tiene a destra, e dopo un tratto poco faticoso si sale con una rampa molto scoscesa di oltre 100 metri di dislivello fino al livello del rifugio, che raggiungo in 45 minuti dalla casera (m 1586, 1 ora e mezza dalla partenza) e dove trovo i miei compagni, arrivati da poco. Secondo loro ho fatto la scelta giusta non affrontando la ferratina, che si è rivelata breve, ma abbastanza esposta. Tiriamo un po' il fiato, ammirando le vedute delle incombenti e repulsive pareti Ovest degli Spiz di Mezzodì, e poi ripartiamo verso Nord-Est per il Belvedere di Zoldo, ma ci dividiamo nuovamente, perché anche qui ci sono due alternative per raggiungere la meta. Una è un sentiero attrezzato, che il gestore del rifugio ci assicura essere molto meno impegnativo della ferratina superata dai miei compagni per arrivare al rifugio.
Io, che ho percorso altre volte l'alternativa non attrezzata, ma mai quella con l'attrezzatura, decido anche stavolta di non rischiare, nonostante le esortazioni dei miei compagni, e, lasciando lo zaino in rifugio, al bivio che si presenta imbocco la variante verso sinistra, che affronta un pendio molto ripido con un sentiero scosceso tracciato in una distesa di mughi, utili a nascondermi l'esposizione che mi circonda. In un punto però i mughi si diradano e il vuoto mi assale senza preavviso, provocandomi qualche esitazione circa la prosecuzione della salita. Mi faccio coraggio, pensando ai miei compagni che mi attendono in cima, e supero anche questa prova, raggiungendo dopo un'ora il Belvedere di Zoldo (m 1964), splendido sito con remunerativo panorama su tutta la val di Zoldo e le montagne che la circondano, benché il cielo non sia molto limpido e trasparente. Anche qui i miei compagni ammettono che ho fatto bene a non seguirli, in quanto nella variante da loro percorsa i tratti ferrati erano numerosi e molto esposti, e c'erano dei passaggi senza corda fissa che l'avrebbero invece meritata. Scendiamo quindi tutti insieme per il percorso lungo il quale ero salito, ma la compagnia mi distrae e mi aiuta a superare ed ignorare i tratti esposti. Tecnicamente l'itinerario richiede comunque attenzione.
Ritornati al rifugio ci concediamo un'ottima birra in lattina, conservata dai gestori ad una temperatura molto fresca, ideale per la nostra sete. Davanti al rifugio c'è anche un gruppo di persone che manifesta simpatie neonaziste, con indosso scritte come "No alla pace". Nella discesa dal rifugio, che percorriamo tutti e tre lungo il sentiero da me scelto per la salita, la temperatura aumenta gradualmente fino a toccare il massimo quando arriviamo al torrente di fondovalle, nelle cui fresche acque cristalline ci rinfreschiamo voluttuosamente prima di salire in macchina.






DISLIVELLO IN SALITA: m 1000
ORE DI CAMMINO: 5
DIFFICOLTA': EE dal rifugio al Belvedere, E il resto

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