giovedì 13 settembre 2018

Rifugio Pian di Cengia

SUPERGRUPPO ALPINO:
Dolomiti di Sesto




E' mercoledì 12 settembre 2018, il clima è caldo per la stagione, il cielo è privo di nuvole, tranne qualche velatura. Sono solo, nel senso che non ho veri e propri compagni di viaggio, ma nella giornata incrocio migliaia di escursionisti, attratti dalla bellezza dei luoghi e del meteo. Parcheggio l'auto sopra il rifugio Auronzo (m 2320), ai piedi delle pareti Sud delle Tre Cime di Lavaredo. Il Comune di Auronzo di Cadore ha preteso da me 30 euro per l'accesso a questo parcheggio d'alta quota, e personalmente trovo la tariffa scandalosa. Comunque mi avvio lungo la frequentatissima stradina n. 101 che porta in quota verso Est al rif. Lavaredo  (m 2344).

Dopo una breve salita, trovo sulla destra l'imbocco della mulattiera n. 104 che - lasciando a sinistra la Croda Passaporto - porta alla mia meta, scendendo prima sensibilmente (con una perdita di quota di oltre 200 metri) fino al Pian di Cengia Basso. Qui inizia una risalita sostenuta prima al lago di Cengia (m 2324) e poi alla forcella Pian di Cengia (m 2522), dove si apre un ampio panorama di poco meno di 360 gradi nella zona che reputo la più bella delle Dolomiti. I protagonisti di questa scena sono i Tre Scarperi, Cima Undici, il monte Popera, la Croda dei Toni.



Con una breve ulteriore salita, in un ambiente molto particolare per le sue stratigrafie orizzontali, si giunge col sentiero n. 101 al rif. Pian di Cengia (m 2528), affollatissimo. Sono passate due ore e mezza dalla partenza al rif. Auronzo.


Dopo una veloce pausa per rifocillarmi (il tempo a mia disposizione oggi è misurato), riparto per la forcella Pian di Cengia, dove prendo in ripida discesa il sentiero 101, diretto all'Alpe dei Piani e poi - con rapida risalita - al rif. Locatelli (m 2450), dove arrivo in circa un'ora. Appena girato l'angolo del monte Paterno appaiono emozionanti le pareti Nord delle Tre Cime di Lavaredo, visione dalla quale deriva la sua fama il rifugio.





Restando sul sentiero n. 101, mi dirigo verso Sud alla forcella Lavaredo (m 2450, come il rif. Locatelli), che congiunge le Tre Cime con la Croda Passaporto. In poco più di mezzora si perdono subito e si devono quindi recuperare circa 100 m di dislivello. Riporto qui la foto delle Tre Cime di profilo, scattata dalla forcella, che mi è parsa più suggestiva di quella classica dal rif. Locatelli.
In poco più di mezzora, ritorno al parcheggio del rif. Auronzo, dove la mia auto mi aspetta ad una quota di 70 metri superiore a quella del rifugio (dislivello non incluso qui sotto).
Non era la prima volta che vedevo le montagne dove ho passeggiato oggi, ma la loro vista strappa sempre un'impressione di incredulità, anche se l'ideale sarebbe attraversarle in un clima meno caldo (è raro trovare zone in ombra lungo il percorso), incrociando masse meno numerose di escursionisti e godendo in prima persona di condizioni fisiche più soddisfacenti.








DISLIVELLO IN SALITA: m 650
ORE DI CAMMINO: 5
DIFFICOLTA': E


venerdì 20 luglio 2018

Monte Penna

SUPERGRUPPO ALPINO:
Dolomiti Settentrionali di Zoldo


E' mercoledì 18 luglio 2018, il clima è caldo, il cielo è attraversato dal passaggio di nuvole, sulle quali però il sole ha prima o poi la meglio. Sono solo, non avendo trovato neanche un compagno per oggi. Parcheggio l'auto a Coi di Zoldo Alto (m 1500), nella piazza dei Zocoi, e imbocco la ripida stradina con segnavia 473, asfaltata solo all'inizio, che porta verso Nord-Ovest alle Casere di Coi (m 1608), dove si prende la mulattiera con lo stesso segnavia che sale a destra fino alle Mandre so' Pelf (m 1908), zona pianeggiante un tempo di pascolo, ma oggi colonizzata dai mughi, situata ai piedi della Fissura del Pelmo, che incombe grandioso. Qui, dopo un'ora di cammino, incrocio l'importante sentiero n. 472 che aggira il massiccio Pelmo-Pelmetto a Sud, e ne prendo il ramo che punta a destra (Est). Si sale così ai Lach (m 1981), piccola brughiera d'alta quota, il cui passaggio può risultare problematico in periodi umidi, per le distese di fango che il sentiero attraversa.


Appare verso Nord-Est per la prima volta la mia meta odierna. Superata a sinistra la torre sporgente denominata Dambra e sita in corrispondenza dello spigolo Sud-Est del Pelmo, il sentiero perde circa 100 m di quota, per poi risalire al Passo di Rutorto (m 1931), a due ore dalla partenza, nei pressi del quale sorge il rifugio Venezia, uno dei più conosciuti e frequentati delle Dolomiti.




Volgendo lo sguardo ad Est si vede elevarsi il Monte Penna alla fine degli ampi Campi di Rutorto, dove pascolano mucche e cavalli in libertà, coi rispettivi piccoli. Per raggiungere la base del Penna, conviene tenersi sul bordo destro (Sud) dei Campi di Rutorto, facendo attenzione a non innervosire le mandrie al pascolo e ad evitare le zone troppo fangose ed eccessivi saliscendi. Raggiunta la base del Monte Penna, occorre individuare il sentiero ben tracciato che lo sale fino alla cima. Tale sentiero non è segnalato in modo evidente, e comincia all'estremità destra (Sud) del bosco che avvolge ad Ovest la montagna. E' importante trovare questo sentiero perché nella metà inferiore della montagna il sottobosco è fitto di cespugli (soprattutto di rododendro), che spesso mascherano fenditure rocciose di tipo carsico che possono rappresentare un pericolo per l'escursionista.


Il sentiero taglia diagonalmente da destra a sinistra i boschi che avvolgono la base del monte, e quando raggiunge il bordo sinistro (Nord) diviene molto ripido, esce dal bosco e sbuca sul bel pianoro erboso inclinato situato sulla cima del Monte Penna (m 2196), dalla quale il Pelmo riempie imperioso lo sguardo col suo versante Est, il più universalmente conosciuto.
Raggiungo la cima in circa 3 ore e mezza dalla partenza, con un bel po' di fiatone a causa soprattutto della ripidezza finale. La cima vera e propria è posta su un cocuzzolo roccioso più a Est, con croce e segnale goniometrico, raggiungibile con un po' di attenzione.




Dopo di essermi rifocillato sdraiato sull'erba, riparto per il ritorno. Dall'alto è più facile trovare il sentiero, che deposita ai bordi degli ondulati Campi di Rutorto. La risalita ai Lach si rivela faticosa, anche per il caldo.

Ai Lach, abbandono il sentiero 472 e imbocco un sentiero segnalato, ma non numerato, che scende verso sinistra (Sud-Ovest) più diretto verso Coi. Attraversa 4 successivi e suggestivi ripiani erbosi semi-pianeggianti, ma i raccordi tra questi ripiani sono molto ripidi e senza i bastoncini da trekking che ho con me metterebbero a dura prova le ginocchia. Arrivato finalmente al bivio delle Casere di Coi, mi abbevero senza risparmio alla fresca fontana che impreziosisce il luogo.
Alla piazza dei Zocoi arrivo dopo 2 ore e mezza dalla partenza in cima al monte Penna, alquanto stremato. Questa escursione me la ricordavo meno faticosa, ma forse è dipeso dal fatto che le altre volte che l'ho affrontata ero in compagnia.





DISLIVELLO IN SALITA: m 1000
ORE DI CAMMINO: 6
DIFFICOLTA': E

domenica 17 giugno 2018

Forcella Col Negro di Coldai

SUPERGRUPPO ALPINO:
Dolomiti Settentrionali di Zoldo


E' sabato 16 giugno 2018, il clima è ottimo, il cielo è inizialmente sereno e nel corso della giornata si mostra qualche nuvola, del tutto innocua. Avremmo dovuto essere almeno in due, ma ieri mi è stato tirato un bidone, e contrariamente alle mie abitudini e convinzioni ho deciso di partire da solo.
Preciso che ci sono buone ragioni per non trovarsi a fare da soli escursioni in montagna. Sono innanzitutto ovvi motivi di sicurezza, ma anche ragioni di arricchimento dell'esperienza, grazie agli scambi di opinioni lungo il tragitto. Questa uscita però può di norma essere fatta senza compagni, perché lungo la strada è frequente incontrare altri camminatori, a cui ci si può rivolgere al bisogno.

Verso le 9,30 parcheggio l'auto a quota m 1515 circa, a Palafavera, in alta Val di Zoldo, alla partenza del sentiero Cai n. 564, incluso nell'Alta Via n.1, che fino a Malga Pioda (m 1818) è una tranquilla mulattiera, chiusa al traffico automobilistico per ragioni più che altro ecologiche.


A Malga Pioda si prende a sinistra (Ovest) il sentiero 556 che si inerpica sul versante Est del monte Coldai con tornanti prima ampi e poi più stretti e ripidi, finché oltre quota 2000 si passa sul versante Sud del Coldai, molto più verticale nella testata del vallon delle Ziolere, superata però senza problemi dal sentiero, che infine arriva alla stazione a monte della teleferica di servizio in vista del vicino rifugio Sonino al Coldai (m 2132).


Verso Ovest, il sentiero sale in breve alla panoramica forcella Coldai (m 2191) sfiorando un primo nevaietto. Da qui, a Sud-Ovest si ammira subito il lago di Coldai (m 2143), verso il quale mi dirigo.











L'acqua è limpida e riflette le rocce e i nevai circostanti con un piacevole effetto cromatico.











Proseguendo verso Sud dopo il lago per il sentiero 260 si sale leggermente e poi si affronta una piccola conca innevata. I nevai non sono molto inclinati, ma per attraversarli aiutano senz'altro i bastoncini da trekking, che porto sempre con me.









Dopo essere sceso nella conca, risalgo fino ai 2203 metri della piccola forcella Col Negro di Coldai, tra la torre Coldai ed il Col Negro.

E qui pervenuto confermo la decisione che avevo già preso, e cioè di non proseguire fino al Col Rean ed al rifugio Tissi. Si tratterebbe di camminare più di un'ora (di sola andata), salendo per altri 250 metri dopo averne discesi 200. Quindi dovrei arrivare ad un dislivello complessivo di quasi 1300 metri, per il quale non mi sento preparato, oltre a tutto con tratti di salita anche nel ritorno, fino alla forcella Coldai.
Per oggi mi sento soddisfatto, ed inizio il ritorno. La zona si è nel frattempo popolata di gruppetti di escursionisti, che hanno voluto giustamente approfittare di questa bella e non troppo calda giornata, anche perché ci troviamo a quote superiori ai 2000 metri di altitudine. Arrivato al rifugio mi gusto un veloce e sobrio pranzo e poi affronto la discesa, notando com'è scosceso il primo tratto nel vallon delle Ziolere. La restante discesa è tranquilla ed induce alla meditazione, complici la digestione ed il piacevole venticello che mi avvolge. Un'escursione in un ricco paesaggio, resa particolare dalla stagione quasi estiva, ma con ricordi nevosi ancora invernali.






DISLIVELLO IN SALITA: m 830 circa
ORE DI CAMMINO: 5
DIFFICOLTA': T fino a casera Pioda, E il resto, con qualche cautela nell'attraversamento dei nevai

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domenica 11 febbraio 2018

Monte Punta

SUPERGRUPPO ALPINO:
Dolomiti Settentrionali di Zoldo


E' sabato 10 febbraio 2018, il clima è fresco, ieri sono caduti 20 centimetri di neve, stamattina il cielo è parzialmente nuvoloso e a 1500 metri slm alle 9 e 30 ci sono circa 3 gradi sotto zero. Siamo in due (gli stessi dell'escursione estiva al Monte Crot) e parcheggiamo l'auto a Costa di Zoldo Alto (m 1425), nel piccolo spiazzo all'inizio del grazioso paesino, un po' appartato e anche per questo incantevole.

All'imboccatura del sentiero n. 497, che sale verso Est al passo Tamai, inforchiamo le ciaspe ed affrontiamo il percorso, oggi interamente su neve fresca (essendo noi i primi a percorrerlo dopo la nevicata di ieri), fatta eccezione ovviamente per il ritorno, che ricalcherà la nostra traccia dell'andata. Il sentiero è in realtà una mulattiera, ma la differenza è evidente d'estate, molto meno con circa un metro di neve caduta nella scorsa settimana. Magico è l'effetto degli alberi carichi di neve, che ci circondano attorno a noi e in tutta la vallata di Zoldo.

In circa un'ora le nuvole sono sparite ed il sole finalmente ci illumina una volta arrivati al passo Tamai (m 1715), dove sostiamo e incontriamo una coppia di escursionisti saliti dalla parte opposta (Est) e che ridiscendono subito verso Zoppé di Cadore. Sul passo c'è un incrocio di sentieri, segnalato da adeguate indicazioni su un paletto.

Noi prendiamo il sentiero n. 499 che punta a destra (Sud), tenendosi sull'ampia cresta boscosa denominata Col Nero. Dopo un tratto in lieve salita si trova un altro incrocio (la Forzela)  poco segnalato. A destra si scenderebbe a Costa, ma noi proseguiamo dritti. Dopo una discesa inizia una ripida salita con più d'una traccia battuta. Facendo attenzione a non tenerci troppo a sinistra (Est), giungiamo infine con un po' di fiatone sulla sommità spoglia di alberi del Monte Punta, la nostra meta (m 1952, un'ora e mezza dopo il passo Tamai), dove arriva insieme con noi un altro ciaspolatore che ci aveva nel frattempo raggiunti.

Il panorama è meraviglioso e letteralmente a 360 gradi, anche se una nuvola oscura si è piazzata sopra il centro dell'alta Val di Zoldo ed il cielo non è del tutto nitido. Le foto danno un'idea dello spettacolo, da ammirare senza avvicinarsi troppo alle cornici di neve del bordo orientale della cima, e ritraggono le inquadrature che preferisco, verso il sommo Pelmo (NordEst) e verso il Bosconero (Est). Mentre ci concediamo un veloce spuntino le nuvole nascondono il sole. Il mio compagno sconsiglia di scendere per il ripido sentiero che cala dalla cima del Punta verso Sud, e quindi ritorniamo sulle nostre tracce, ripassando per il passo Tamai quando il cielo si è completamente coperto. La gita si è rivelata la soluzione ideale per interrompere il digiuno invernale di escursioni in montagna, che per me durava da troppo tempo. L'itinerario è sicuramente remunerativo anche d'estate, in una giornata di sole senza foschia.





DISLIVELLO IN SALITA: m 600
ORE DI CAMMINO: 4 e 1/2
DIFFICOLTA': E