lunedì 25 novembre 2024

La Costa di Serravalle

SUPERGRUPPO ALPINO:

Catena Cavallo-Visentin


Scalinata alla partenza
A metà della salita a Santa Augusta

Alle 10 di domenica 24 novembre 2024 parcheggio in centro a Vittorio Veneto, vicino all'inizio (quota m 140) della scalinata che segna l'inizio del percorso per il santuario di Sant'Augusta. 





Questa chiesa si raggiunge dopo una salita discretamente ripida, lungo un percorso inizialmente scalinato, poi con stretti tornanti su agevole via acciottolata e poi ancora su ampi tornanti da percorrersi su una via pedonale (via Santa Augusta) che è stata privata del suo strato superficiale, e quindi alquanto dissestata. Tale via è fiancheggiata da cappelle dedicate a vari santi.



Scalinata finale per Sant'Augusta


A Santa Augusta (m 374) sono arrivato in meno di mezzora, lasciando però sulla destra la scalinata finale. Ho preso invece il sentiero che si vede obliquare a sinistra nella foto qui a fianco, che poco dopo fa un tornante a destra. A questo tornante arriva da sinistra il percorso del mio ritorno. 



Tornante del sentiero che porta al sagrato
 di Sant'Augusta



Imbocco del sentiero per la Turris Nigra









Panorama dai pressi della Turris Nigra

All'andata invece ho preso il tornante a destra e poco dopo, giunto quasi sul sagrato della chiesa, ho preso un sentiero (che porta il numero 980 del Cai e conclude l'Alta Via n. 6 dei Silenzi) che si inerpica ripidamente a sinistra. Questo sentiero porta innanzitutto alla Turris Nigra, che la leggenda vuole costruita nella fase finale dell'Impero Romano d'Occidente dal re Madruk (o Matrucco), padre ed assassino della giovane Santa Augusta.


La Turris Nigra da Sud

La Turris Nigra da Nord


I ruderi di questo edificio militare di vedetta sorgono in un luogo molto panoramico sopra la valle tra Savassa e Longhere, a Nord di Serravalle, di grande importanza strategica nel passato. 




Sentiero sulla Costa di Serravalle

Sentiero sulla Costa di Serravalle

















Dopo la Turris Nigra comincia il tratto più omogeneo ed interessante dell'escursione odierna, che rimonta prevalentemente ad Ovest, ma ogni tanto anche ad Est, la cresta della formazione montuosa denominata Costa di Serravalle (o anche monte Marcantone), che si estende dal monte Pizzoc appunto verso Serravalle.


Il sentiero non è più ripido come all'inizio, dopo Sant'Augusta, e si sviluppa sotto un bosco continuo di faggi e betulle, con qualche possente castagno. Ogni tanto si apre una veduta verso la bassa val Lapisina.


Bosco di betulle a Est
Neve lungo il sentiero a quota 800 m






Quando fiancheggia la vecchia Cava di pietre  (m 764), il sentiero passa sul versante Est della Costa di Serravalle, e consente di ammirare anche un luminoso bosco di betulle.









Nel frattempo abbiamo raggiunto quota metri 800 e lungo il sentiero comincia a vedersi qualche chiazza di neve, forse caduta nei giorni scorsi.









Bivio
A un certo punto, proseguendo lungo il sentiero in leggera discesa, si arriva ad un bivio segnalato da due piccole frecce, Le indicazioni sono M. Pizzoc, a sinistra, e Sonego, a destra. Bisogna prendere la sinistra, e prestare molta atten-zione all'orientamento, perché da qui in poi la segnaletica si fa molto carente. Innanzitutto bisogna seguire la traccia centrale, che punta in salita a Nord-Est, igno-rando le deviazioni. Si passa vicino a qualche rudere, il che significa che siamo sul percorso giusto. 



Capolinea dell'escursione

Dopo un po' si arriva finalmente al capolinea della nostra escursione, dopo tre ore di cammino. Il luogo, a quota m 870, non ha un nome, è semplicemente il raccordo tra il sen-tiero che abbiamo seguito finora ed un altro sentiero che sale da sinistra (Sud-Ovest) e che imboccheremo per ritornare. Qui la segnaletica Cai è perfino sontuosa: ma non illudetevi, è l'ultimo segnavia fino al primo paese che raggiungeremo. Per molti chilo-metri nulla ci segnalerà da che parte dovremo andare, ed anche la traccia di sentiero è spesso invisibile, se ci sono foglie secche sul terreno, specialmente se il sentiero è in realtà il letto di un torrente senz'acqua, come avviene per buona parte del percorso.


Sentiero senza segnavia e senza traccia

Questo sentiero, che in teoria dovrebbe avere sempre il numero 980 del Cai (ma in realtà il numero non compare mai sul campo), è in forte ed impervia discesa e conduce in 40 minuti alla località Valscura, dove sorgono alcune case pioniere a quota m 550 circa. Poi il sentiero diventa una strada sterrata e in parte cementata in lieve discesa, percorribile anche da auto robuste e col fondo alto da terra. Prima di arrivare a Maren (m 443) si imbocca una strada a sinistra (via Scarpedal), che scende ancora e fa poi una specie di tornante a destra per poi risalire un po', fiancheggiando qualche altra casa.


Località Valscura
Imbocco di via Scarpedal

Questa stradina, in certi tratti percorribile in auto, in certi altri un po' meno, ci riporta fino al santuario di Santa Augusta dopo aver attraversato dei piccolissimi borghi (Pradal Alto, Pradal Centro, Naronchie).
Praticamente è parallela alla bassa val Lapisina, il cui traffico rumoreggia fin qui, ma ci fa sentire tornati indietro nel tempo, a quando in zone come queste era naturale per alcuni abitare, mentre ora ospita quasi esclusivamente seconde case di chi non ricerca le comodità cittadine. In particolare Pradal Centro fu uno dei luoghi più colpiti da una rappresaglia dei nazisti nell'agosto del 1944 in seguito ad un attacco partigiano ad una caserma tedesca a Santa Giustina di Vittorio Veneto. La rappresaglia non fece vittime umane, ma distrusse case, stalle e fienili.

Pradal Alto

Pradal Centro

Prima di Naronchie si incontra un bivio dove bisogna andare a destra (indicazione Ristoro S. Augusta). Superata Naronchie si giunge rapidamente, dopo una breve salita, al tornante del sentiero che conduce sul sagrato di Santa Augusta, a cui ho accennato e che è ritratto in una foto all'inizio. Da qui, per arrivare all'auto, si rifa il percorso dell'andata, ovviamente in direzione opposta. Il cammino del ritorno dura in tutto circa 2 ore e 1/4.

Bivio prima di Naronchie

Scorcio di Naronchie
















DISLIVELLO IN SALITA: m 800 circa

ORE DI CAMMINO: 5 e 1/4 
DIFFICOLTA': E

mercoledì 28 settembre 2022

Cima Mandriolo



 

SUPERGRUPPO ALPINO:

Gruppo degli Altipiani


Salendo alla Bocchetta Larici


Alle 10 di mercoledì 21 settembre 2022 parcheggiamo le auto presso il rifugio Larici (m 1658) sull'altipiano dei Sette Comuni, a Nord di Asiago. Siamo in dieci, i componenti della comitiva odierna del Gruppo Seniores del Cai di Conegliano, a cui mi onoro di appartenere.
La giornata è assolata, ma fresca e ventosa, col passaggio di ampie nuvole in cielo.
Affrontiamo subito, a sinistra del rifugio (chiuso) e verso Nord, il sentiero Cai n. 825, che risale un pendio abbastanza ripido. Sembra un tipico terreno di pascolo, con ampi spazi erbosi e qualche conifera qua e là. Sotto il sottile strato erboso e terroso, la consistenza però è rocciosa (calcarea). Dopo una ascesa non molto lunga, ma alquanto faticosa, arriviamo alla Bocchetta Larici (m 1876), dalla quale gettiamo lo sguardo sul territorio a Nord dell'Altipiano (Valsugana, Lagorai, ecc.).
Da Bocchetta Larici verso Nord
Alla nostra destra (Est) a breve distanza si eleva la cima omonima (m 2033), che sarebbe alla nostra portata, ma noi ci dirigiamo decisamente in direzione opposta (Ovest) per il sentiero n. 209, che fa parte dell'Alta Via degli Altipiani. 


Porta Manazzo





Attraversato con alcuni saliscendi un bosco di media densità, scorgendo molti funghi che il nostro autoproclamato esperto giudica tossici o tutt'al più eduli, ma degni solo di entrare in qualche piatto misto, arriviamo alla Porta Manazzo (m 1795), un'ampia radura anch'essa aperta verso Nord, come la bocchetta precedente, mentre a Sud, sotto di noi, vediamo la strada sterrata che porta alla malga omonima. Guardando verso Ovest vediamo la nostra meta odierna, o meglio i suoi contrafforti Est, verso i  quali ci dirigiamo col sentiero n. 205.


Cima Mandriolo verso i Lagorai


Adesso il sentiero cambia decisamente fisionomia,    divenendo un po' scosceso e facendoci arrampicare su formazioni rocciose subverticali, che ci portano in breve nel bosco fino al ciglio dell'altipiano, in vista delle sottostanti elevazioni minori che calano in Valsugana.


 

 Il sentiero diviene gradevolmente suborizzontale e attraversa prati inclinati, popolati da rare mucche, orgogliosamente titolari del marchio Asiago, che distinguerà i formaggi prodotti col loro latte. Senza fatica ritorniamo al ciglio dell'altipiano a pochi metri dalla Cima Mandriolo (m 2049), o Manderiolo secondo altre dizioni, il nostro punto di arrivo. Troviamo prima una croce metallica, alzata però alcuni metri sotto la cima più elevata. Allora ci dirigiamo verso quest'ultima, e ci guardiamo ammirati intorno. 

Il panorama è magnifico, nonostante una leggera foschia. A Nord la Valsugana e i Lagorai, già citati. A Nord-Ovest in lontananza le Dolomiti di Brenta e molto più vicini e più in basso i laghi di Levico e di Caldonazzo. Verso meridione l'Altopiano di Asiago, con le sue caratteristiche modeste elevazioni coperte di vegetazione, dove boschi si alternano a pascoli. Unica nota stonata un forte vento che disturba il nostro meritato pasto al sacco, anche perché ogni tanto il sole si nasconde dietro qualche nuvola. Ma l'ambiente è senz'altro remunerativo, molto oltre i meriti della nostra fatica, onestamente non troppo impegnativa quest'oggi.


Da Cima Mandriolo verso Sud-Ovest






Cima Mandriolo





 


Quando ne abbiamo avuto abbastanza del vento, ci avviamo a cominciare la discesa dalla cima. Il percorso d'ora in poi e fino alle macchine è di tutto riposo. Scendiamo per il sentiero della salita fino a poco prima di Porta Manazzo, quando lo abbandoniamo per scendere verso destra (Sud) fino alla vicina strada sterrata prima citata, che passa sopra Malga Manazzo. Imboccata questa strada verso sinistra (Est), è tutta una graduale e rilassante discesa fino a poco sotto il rifugio Larici, al quale saliamo brevemente per recuperare le nostre auto, non prima di aver doverosamente celebrato la nostra bellissima escursione, raccomandabile a quanti vogliano farsi un'idea di questa ricca parte dell'altipiano di Asiago.


I laghi dai pressi della cima



DISLIVELLO IN SALITA: m 480 circa
ORE DI CAMMINO: 4 
DIFFICOLTA': E


domenica 1 agosto 2021

Forcella dla Roa (Piz Duleda)


SUPERGRUPPO ALPINO:

Dolomiti di Gardena


Sassolungo e Sassopiatto da Col Raiser

E' venerdì 30 luglio 2021, il clima è caldo, quando non è mitigato da una piacevole brezza o dalla quota, in cielo transitano numerose nuvole, ma fino a pomeriggio inoltrato il sole la fa da padrone, l'orizzonte è molto velato. Sono da solo (tempi duri!) e con una certa fatica trovo a Selva di Val Gardena (che ora si fa chiamare - in italiano - Selva Gardena) la stazione inferiore (molto appartata, ma scarsamente indicata) della cabinovia che porta in cima al Col Raiser.


Il versante Sud delle Odle da Col Raiser

Alle 9,45 sono finalmente sceso alla stazione superiore (m 2107) della cabinovia, al cospetto del versante Sud delle Odle, di cui un anno fa ho conosciuto il più rinomato versante Nord dalla val di Funes. Il paesaggio è bellissimo, sia per le montagne (tra le quali riconosco facilmente a Sud il Sassolungo), sia per i prati e pascoli che addolciscono di verde il fondovalle ed alcuni colli di minore altitudine. 


Scendendo al rifugio Vicenza, visibile a destra

Al rifugio fanno capo numerosi sentieri, che non si incrociano tutti allo stesso punto, e quindi vanno cercati attentamente uno ad uno. Le frecce segnaletiche del locale Club alpino sono abbondanti, precise, ricche di informazioni, anche se bisognose di una mano di vernice protettiva, e mi aiutano a trovare il sentiero inizialmente contrassegnato da due numeri (2 e 3) che intendo imboccare verso Est alla volta della mia meta odierna. 



Dopo aver superato una piccola altura, ricoperta da macchia mediterranea e aghifoglie, si arriva ad un cancello che non si apre, ma si deve scavalcare, per evitare di far passare il bestiame al pascolo. Il sentiero si perde immediatamente in una larga fiumara ora asciutta, piatta e poco inclinata verso Ovest. Per chi è diretto alla nostra meta occorre tenersi inizialmente dentro questa fiumara, sulla sua destra a non più di venti metri dal bordo sud, e dopo circa un chilometro si vedrà un piccolo segnavia 2-3 su un masso indicare il punto in cui andrà abbandonata la fiumara di sassi e pietrame per imboccare una traccia tra mughi e spianate erbose, confortati da qualche segnavia 2-3. 

In tutto il resto del percorso odierno la segnaletica formata da frecce di legno con l'indicazione della nostra meta di salita o di ritorno sarà inequivocabile, soprattutto in corrispondenza delle numerose biforcazioni. Fino a qui, dalla discesa dalla cabinovia avremo percorso un lungo tratto di falsopiano, in tendenziale salita. Dalla prima freccia che troveremo dopo la fiumara il sentiero punterà decisamente verso Sud-Sud-Est in salita, e l'ambiente circostante diventerà sempre più piacevole e caratteristico. 

Mandria al pascolo

Io mi sono imbattuto in una mandria di mucche al pascolo, infastidite solo dai loro campanacci. Mi sono chiesto dove intendevano passare la notte o ripararsi nei momenti di maltempo, vista l'assenza di stalle o casere in tutta la valle dla Roa, che ora stiamo risalendo. 

Biforcazione dei sentieri n. 2 e n. 3





A un certo punto i due sentieri 2 e 3 si dividono. Il numero 2 porta a destra (Sud) al rifugio Puez, attraverso la forcella Forces de Sieles con un percorso alquanto ardito. Il 3 invece risale la nostra valle verso Nord-Est fino all'omonima forcella, dove è mia intenzione arrivare oggi. L'ambiente è pietroso, con molti bei prati adatti al pascolo e coperti, in questa stagione, da fioriture di ranuncoli, genzianelle e altri fiori di diversi colori. Sulla destra (Sud e Est) siamo affiancati da cime imponenti, seppure non molto conosciute (Col da la Pieres, Piz Duleda) che collegano il gruppo del Puez a quello delle Odle. 

Al centro la forcella, a destra Piz Duleda


Orchidee


Prati fioriti in alta val dla Roa


Gli ultimi cento metri di dislivello sono un po' più ripidi, ma mai troppo faticosi, e depongono alla ventosa 
Gli ultimi 100 metri di salita, da dx verso sx
forcella dla Roa (m 2617), che alla sua destra (Sud) ha il Piz Duleda, la cui cima è raggiungibile da qui tramite un sentiero parzialmente attrezzato, non individuabile da dove sono arrivato io. Dall'altra parte (Nord-Est) la salita alla forcella è più ripida e in lontananza si mostra il Sass de Putia, dove sono stato un anno fa, senza arrivare sulla cima vera e propria. Questa forcella è molto gradevole per i panorami che offre, per l'agevole salita dalla nostra parte e per il senso di alta montagna che offre, anche per la scarsa presenza umana (stamattina una dozzina di persone incrociate mentre ero in salita e tre arrivate poco dopo di me in cima provenendo dalla parte opposta).


Indicazioni segnaletiche in forcella

L'autore in forcella

Dalla forcella verso Nord-Est
Da qui dopo la pausa pranzo ci sono praticamente tre alternative:

1. Scendere ripidamente per circa 130 metri dalla parte settentrionale fino al sentiero n. 13 e poi risalire subito a sinistra (Ovest) fino alla vicina e più ostica forcella Munt da l'Ega (m 2642), e poi con la calma ritornare al rifugio Firenze per un sentiero parallelo a quello da me percorso in salita.

Il precipizio del versante Nord-Est

2. Imboccare in quota verso Sud-Est, sotto il Piz Duleda restando in Val dla Roa, il sentiero n. 3/A per Sella Nives e poi per il rifugio Puez.

3. Percorrere in senso inverso l'itinerario dell'andata.




Il Sass de Putia al teleobiettivo

Io ho scelto la terza opzione, che è risultata un po' disagevole per il caldo che si faceva sentire sempre più man mano che si scendeva e per le frequenti contropendenze affrontate dalle parti del rifugio Firenze.

Scritta su un prato a quota 2500 (in salita non c'era)

Per me comunque un'esperienza positiva, in aree sentite nominare, ma mai frequentate. Mi ha colpito il fatto che il versante meridionale delle Odle non è visibile dal fondovalle della Gardena (dove abita la maggior parte dei residenti), ma solo se si sale oltre i 2000 metri di quota.




DISLIVELLO IN SALITA: m 850 circa
ORE DI CAMMINO: 4 e 1/2
DIFFICOLTA': E








sabato 8 maggio 2021

Cima Vallon Scuro

SUPERGRUPPO ALPINO:

Catena Cavallo-Visentin



E' sabato 8 maggio 2021, il clima è fresco per la stagione e ventoso, in cielo transita qualche nuvola, ma il sole la fa da padrone, l'orizzonte è un po' velato. Siamo in quattro e verso le 9.30 parcheggiamo le due auto a quota m 530 circa, sulla strada che da Valmareno va a Praderadego, nei pressi del tornante a sinistra dopo il quale alcune transenne bloccano la strada. Decidiamo di salire a piedi la strada asfaltata e poco dopo troviamo un grosso masso sulla destra, forse precipitato dall'alto, imponendo la chiusura precauzionale (alcuni mesi fa) della strada. In breve arriviamo all'imbocco del sentiero n. 1072 verso Nord (destra) con l'indicazione Forcella Foran. Il primo tratto del sentiero è in moderata salita sulla destra idrografica della Val de Foran, ma attraversiamo poi il fondo valle (che forse è percorso da un corso d'acqua dopo le precipitazioni) e passiamo sull'altro versante. Il sentiero sale più decisamente in un bosco di piccole latifoglie (principalmente carpini, credo), rimanendo però discretamente tracciato, con fondo terroso/roccioso e con uno strato di foglie secche. Notiamo splendide genziane ad una quota insolitamente bassa. La stagione e la giornata incoraggiano molte varietà di uccelli ad esibire le loro virtù canore. Proseguiamo lentamente perché per alcuni di noi è la prima escursione dell'anno. Troviamo due biforcazioni, segnalate con frecce, ma noi manteniamo il sentiero diritto. 

Forcella Foran verso il Col de Moi


Dopo un'ora e mezza l'ascesa si fa molto ripida e poi finalmente sbuchiamo fuori dal bosco, su prati assai scoscesi e raggiungiamo l'agognata Forcella Foran (m 1130). 
Il luogo è ameno e ci offre un bel panorama verso la prativa cima del Col de Moi ad Ovest, facilmente raggiungibile per una cresta obliqua, e verso la valle che abbiamo appena risalito a Sud. Agli altri due punti cardinali c'è un bosco di abete rosso. Questo è un importante incrocio di sentieri. Noi prendiamo il sentiero che punta in salita verso Sud-Est, ai bordi del bosco, lasciando a destra un altro sentiero che si stacca orizzontale in direzione del Bivacco dei Loff. 



Inizio della salita alla Cima Vallon Scuro






Il nostro nuovo viottolo sale deciso lungo la cresta erbosa della Cima Vallon Scuro, di cui vediamo e attraversiamo due vette minori.










Da Cima Vallon Scuro verso Nord



Dopo un po' si vede anche la cima vera e propria, che è la più alta della zona (m 1286), dopo quella del Col de Moi, e che raggiungiamo con gran soddisfazione per il panorama a 360° che ci regala, a Sud verso la pianura, a Ovest verso il monte Cesen, a Nord sulla Val Belluna e a Est in direzione del Col Visentin. Ci sorvola un silenzioso aliante e spieghiamo ad una comitiva di ragazzi giunta prima di noi che è stato sicuramente portato in quota grazie al traino di un aereo.

Cima Vallon Scuro




















Il Crodon del Gevero da Cima Vallon Scuro
Il vento è forte e quindi dopo un po' cominciamo a scendere verso la sella tra la nostra cima e quella del Crodon del Gevero, più bassa (m 1250), ma con un aspetto molto più montuoso, grazie ad alcune pareti verticali stratificate. Si potrebbe salire anche su questa seconda cima, ma l'umore del gruppo è più orientato verso il pranzo e quindi scendiamo ancora per un breve sentiero ben tracciato che ci immette nel sentiero che conduce al Bivacco dei Loff (m 1134), proprio sotto il predetto Crodon. 

Scendendo da Cima Vallon Scuro








Bivacco dei Loff













Qui troviamo alcune persone che si rifocillano davanti al ricovero, aperto, ma incustodito, e le imitiamo prontamente e volentieri, sedendoci su apposite panche. E' preferibile restare al sole, perché il vento porta un'aria più da marzo che da maggio. 


Casera Vallon Scuro
Adeguatamente rinfrancati imbocchiamo il sentiero che porta in quota verso Est, scartando il percorso diretto in senso opposto, sempre in quota. Quest'ultimo ci farebbe ritornare più direttamente alla Forcella Foran, ma lo sconsiglio perché per i miei gusti è un po' esposto e potrebbe non perdonare una scivolata verso il sottostante verticale pendio erboso. In pochi minuti arriviamo invece all'incrocio di sentieri in località Bonboi (m 1100 circa), dove scegliamo il primo sentiero a sinistra (Ovest). col n. 2, che dopo una corta salita si biforca ulteriormente. Andando a sinistra si salirebbe sul Crodon del Gevero dalla parte opposta rispetto alla selletta che abbiamo attraversato prima di pranzo, cioè da Est, e mi riprometto di sperimentarlo alla prima occasione, mentre oggi prendiamo il sentiero di destra che in moderata salita ci porta brevemente alla Casera Vallon Scuro (m 1200) dopo aver attraversato un bosco di abeti rossi, molti dei quali abbattuti anche attraverso il sentiero. La casera, chiusa, ci invita alla sosta, e proviamo a vedere se i nostri cellulari trovano campo, con esiti incerti. 


Forcella Foran






Ripartiamo con una breve salita e poi in discesa verso Sud-Ovest, sempre lungo il sentiero n. 2 e sempre dentro il bosco di abeti rossi in parte caduti. Devo segnalare che l'ultima volta che sono passato da queste parti, sei mesi fa, non ho visto alberi abbattuti, e quindi questi sono stati sradicati più di recente, non certo dalla tempesta Vaia. In poco tempo arriviamo alla Forcella Foran ed affrontiamo l'erta discesa verso la strada di Praderadego. 








Nel bosco in Val de Foran
La fatica è inferiore a quella di salita, ma quelli di noi che non si sono dotati di bastoncini da trekking se ne pentono amaramente, visto come risulterebbero utili adesso per favorire l'equilibrio e ridurre il carico sulle ginocchia. Quando raggiungiamo la strada praticamente il giro è finito, anche se mancano dieci minuti di discesa, sfiorati da macchine che approfittano della rimozione delle transenne che impedivano il transito. 

 

In conclusione un'escursione raccomandabile a chi è disposto a superare qualche pendenza un po' accentuata e faticosa della salita iniziale pur di arrivare su una delle più belle cime, per paesaggio e vedute, delle Prealpi trevigiane. Sempre logici e ben tracciati i sentieri percorsi, con la necessità di scavalcare qualche albero caduto come unica criticità.

















tracciato.gpx
DISLIVELLO IN SALITA: m 900 circa
ORE DI CAMMINO: 4 e 1/2
DIFFICOLTA': E